cedolare secca sugli affitti

Cedolare secca sugli affitti

Per definire brevemente la cedolare secca sugli affitti possiamo dire che è un'imposta facoltativa ed alternativa a quella comunemente dovuta per i redditi derivanti da locazione. Per capire un po' meglio di cosa stiamo parlando partiamo dall'inizio. Quando due parti, che chiameremo locatario (ovvero il proprietario dell'immobile) e conduttore (ovvero il futuro affittuario), si accordano per stipulare un contratto di locazione di un immobile, detto abitualmente affitto, devono effettuare numerosi adempimenti, tra i quali il pagamento delle tasse. Le parti possono decidere se far sottostare il loro contratto al regime ordinario di tassazione oppure possono scegliere di applicare il regime di questa modalità. Questo regime prevede una sorta di semplificazione del pagamento delle imposte per le parti, grazie ad un'aliquota fissa applicata al reddito. Questa scelta potrebbe portare un vantaggio economico ad entrambe le parti, ma è una scelta da operare con la massima attenzione. In realtà non tutti possono applicarla in modo indiscriminato, esistono infatti regole e normative rigorose che andremo a spiegare più avanti in questo articolo.

Che cosa è

Cerchiamo, per prima cosa, di capire che cosa è la cedolare secca sugli affitti. Introdotta per la prima volta nell'anno di imposta 2011, viene applicata a tutti gli immobili ad uso abitativo. Chi possiede dei redditi derivanti da questo tipo di immobili (deve trattarsi di una persona fisica e non di un'impresa, una società o altri enti simili) può scegliere di applicare questo regime, decidendo di sottostare ad un regime di tassazione che prevede l'applicazione di un'aliquota fissa del 21% sul canone di locazione annuo, per gli immobili affittati a canone libero, o del 10% per quelli a canone concordato. Questo in sostituzione dell'ordinario regime di tassazione Irpef che prevede l'applicazione di aliquote a scaglioni in base al reddito. Inoltre, scegliendo di applicarla, non sarà obbligato in fase di registrazione e di rinnovo del contratto di affitto, al pagamento dell'imposta di registro e di quella di bollo. Il proprietario dell'immobile, però, per tutta la durata del contratto con questa modalità, perde la facoltà di chiedere all'affittuario l'aggiornamento del canone di locazione, compreso l’aumento Istat.

L'applicazione

Vediamo ora, in concreto, in cosa consiste l'applicazione della cedolare secca sugli affitti e come viene effettuata. Innanzitutto il locatore deve comunicare all'affittuario che intende avvalersi del regime alternativo. Deve farlo inviandogli una raccomandata, contenente una comunicazione nella quale viene spiegato che intende applicare il regime previsto e, allo stesso tempo, rinunciare alla facoltà di chiedere l'aggiornamento del canone per tutta la durata dell'opzione. Tale aggiornamento non è dovuto anche se è stato, precedentemente, previsto nel contratto stipulato tra i due. Quella che viene definita opzione, vale a dire la scelta di questa formula, vincola il locatore per l'intero periodo di durata del contratto. Può revocare tale opzione solo con la successiva annualità contrattuale. Oltre al conduttore, la sua scelta deve essere comunicata anche all'Agenzia delle Entrate tramite un apposito modello, scaricabile anche da internet. La scelta di applicare questa modalità può avvenire al momento della stipula e della registrazione del contratto oppure nel corso degli anni successivi al primo (per i contratti stipulati per più anni).

Vantaggi e svantaggi

La scelta dell'applicazione della cedolare secca sugli affitti non dipende solo dai limiti stabiliti dal Decreto Legislativo che ne regola l'attuazione, ma anche da considerazioni personali ed economiche del proprietario dell'immobile. Bisogna infatti considerare vantaggi e svantaggi. Di certo, con la previsione di un'aliquota unica per ogni fascia di reddito, risulta conveniente soprattutto per chi ha redditi alti, che altrimenti dovrebbe pagare in base all'imponibile Irpef. Non risulta, invece, vantaggiosa per chi non ha altri redditi che quelli derivanti dal contratto di affitto, a causa della mancanza di detrazioni d'imposta (previste invece dal regime ordinario di tassazione). Ma non è solo un problema di aliquote. Scegliendo questo regime, infatti, il locatario deve rinunciare a chiedere gli adeguamenti Istat all'inquilino, con perdita di un "interesse" potenzialmente consistente (a seconda dell'inflazione). Gli è anche vietato un aumento periodico del canone di affitto, magari deciso anche in base alle condizioni dell'appartamento e alle esigenze dell'affittuario. Insomma molti pro ma anche tanti contro da considerare.

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