10 regole per un impianto elettrico a norma

La norma Cei 64-8 e i 3 livelli qualitativi

Fra le questioni da affrontare per chi compra o ristruttura casa c’è anche quella relativa all’impianto elettrico, che deve possedere i requisiti stabiliti dalla norma Cei 64-8 e dalle varianti, nonché dagli aggiornamenti che si sono susseguiti negli anni. Il provvedimento in questione, innanzi tutto, ha introdotto 3 livelli qualitativi.

Il livello Base coincide coi requisiti minimi di un impianto, ovvero con il numero minimo di punti luce, punti presa e circuiti installati, che varia in base alla superficie dell’abitazione e ai locali che la compongono. Nel bagno e nella cucina, ad esempio, è obbligatorio posizionare un interruttore all’ingresso; per gli altri c’è libera scelta, a patto di rispettare gli standard riguardanti l’altezza minima e la distanza delle fonti d’acqua.

Il livello Standard richiede lo stesso numero di punti luce e punti presa del livello Base, ma si aggiunge un sistema di controllo dei carichi che permetta di scollegarne qualcuno al superamento di determinate soglie, senza staccare l’intero impianto.

Il livello Domotico riguarda invece quelle unità immobiliari dotate di innovative dotazioni impiantistiche e in particolari di sistemi domotici: si pensi gli impianti antintrusione, a quelli per la gestione della temperatura e l’automazione delle serrande, agli impianti hi-fi e di rilevazione dei fumi o del gas.

La potenza contrattuale impegnata

In una delle sue varianti, la norma Cei 64-8 stabilisce anche i limiti minimi prestazionali degli impianti elettrici per le nuove installazioni. La potenza contrattuale impegnata, fornita al privato dall’azienda elettrica prescelta, viene diversificata in base alla superficie dell’abitazione: 3 kW è il valore minimo per le case che non superano i 75 mq, 6 kW è il valore minimo per le case che superano i 75 mq.

Non è obbligatorio impegnare i suddetti valori, ma l’impianto elettrico deve essere predisposto per accettare tali potenze. Gli impianti elettrici esistenti, nella maggior parte dei casi, sono dimensionati per 3 kW di potenza, quindi se l’utilizzo di energia è superiore si può chiedere alla compagnia scelta per la fornitura di energia elettrica un incremento da 3kW a 4,5 o a 6 kW.

Le bollette della luce indicano sia la potenza impegnata che la potenza disponibile: quest’ultima è la potenza massima prelevabile, equivalente al 10 per cento rispetto alla potenza impegnata.

Il centralino

Il centralino singolo (cioè il quadro elettrico) dei nuovi impianti elettrici a norma è più grande rispetto a quello degli impianti datati e risulta caratterizzato da un interruttore generale e almeno 2 interruttori differenziali, detti anche “salvavita”. Il numero delle linee dipende invece dall’estensione della casa e dal livello qualitativo dell’impianto.

I fili conduttori che arrivano al centralino partono dall’interruttore generale, nel quale si trova anche il contatore per misurare il consumo di energia. A partire dal quadro, l’impianto elettrico di ogni appartamento viene suddiviso in 3 circuiti.

Il primo, a 16 Ampere, è relativo alle prese; il secondo, a 10 Ampere, riguarda le luci e un circuito di alimentazione e il terzo, a 12V, è per i circuiti di chiamata come l’allarme sonoro che viene collocato nel bagno. In foto uno dei centralini da incasso della gamma IP40 di Ave, con fori per la propagazione del suono delle segnalazioni acustiche e telaio unico estraibile.

Le prese elettriche

La normativa vigente non impone specifici obblighi circa la collocazione delle prese elettriche, ma nella maggior parte dei casi queste vengono posizionate alla medesima altezza delle maniglie delle porte, cioè a 90-100 cm da terra.

Si tratta di una regola generica, lo sottolineiamo, e di conseguenza non mancano eccezioni riguardanti alcuni ambienti della casa come la camera da letto: qui, infatti, si tende ad installare le prese a circa 70 cm dal pavimento. C’è da dire che molto influisce lo stile scelto per la stanza; in quelle moderne, ad esempio, non di rado troviamo prese a 50 cm da terra.

Per quanto riguarda il bagno, saliamo a 110-120 cm. Per rendervi le idee ancora più chiare, dividiamo le prese elettriche in 3 gruppi: quelle a terra (sempre presenti in cucina), quelle a mezza altezza (fondamentali nei locali in cui si usano elettrodomestici) e quelle alte (si pensi alla presa del citofono). In foto le prese Plana di Vimar.

I cavi elettrici

Nella progettazione di un impianto elettrico a regola d’arte bisogna rispettare anche alcune regole riguardanti i cavi. Il conduttore di protezione (PE, più conosciuto come “cavo di messa a terra”) deve essere giallo-verde, mentre quello attraverso cui passa la corrente di ritorno deve essere blu chiaro.

Le sezioni vanno adeguate alle funzioni svolte dai cavi stessi: si utilizzano 6mm2 per i montanti, 2.5 mm2 per le prese o gli elettrodomestici fissi (come il condizionatore) e 1,5 mm2 per i punti luce. E ancora, per la trasmissione di segnali video, tv e satellitare sono necessari cavi coassiali.

Per il telefono e il citofono occorrono invece cavi specifici ed esclusivi, per gli allarmi si usano i cavi dedicati al cablaggio degli impianti e per la trasmissione dati servono cavi adatti alla realizzazione di reti dati e reti schermate ad alta velocità.

Gli interruttori

Come le prese, anche gli interruttori di un impianto elettrico a norma devono essere coperti con apposite placche: si tratta di una fondamentale misura di sicurezza. Per quanto riguarda il posizionamento, i riferimenti sono la norma CEI 64-8 e la Guida CEI 64-50, che tuttavia prescrivono consigli e non obblighi.

L’altezza minima dei comuni interruttori corrisponde a 17,5 cm, però quella raccomandata e più diffusa equivale a 110-120 cm da terra. Un’opzione molto gettonata consiste nel posizionare gli interruttori a 90 cm dal pavimento nel caso in cui siano vicini alle maniglie delle porte.

Gli interruttori per comandare i punti luce sono semplici o composti. Accanto agli interruttori con comandi tradizionali troviamo quelli wi-fi per il controllo a distanza, quelli ergonomici, quelli per il risparmio energetico, quelli a infrarossi e i dimmer. In foto un interruttore ergonomico Bticino.

Impianto elettrico bagno

Le tubazioni, le fonti di acqua, l’accumulo di vapore, gli schizzi, l’uso di apparecchi ad alto voltaggio rendono il bagno l’ambiente più rischioso della casa. Per questo motivo la normativa ha previsto una suddivisione in zone: la Zona 0 coincide con il volume interno della vasca e del piatto doccia.

La Zona 1 è quella intorno alla vasca e al piatto doccia, la Zona 2 è l’area compresa fra la Zona 1 e una superficie verticale parallela distante 0,6 metri, la Zona 3 è l’area compresa fra la Zona 2 e una superficie verticale parallela alla superficie di delimitazione esterna di quest’ultima.

Nella Zona 0 e 1 non si possono collocare prese elettriche, nella Zona 2 si possono installare prese a spina ma con trasformatori isolati in Classe II, a bassa potenza e inseriti direttamente all’interno delle stesse. Nella Zona 3 si ha piena libertà, però tutte le prese devono essere protette tramite separazione elettrica individuale, alimentazione SELV o altri sistemi.

Il salvavita

L’impianto elettrico a norma prevede l’installazione obbligatoria di almeno 2 interruttori differenziali, chiamati più di frequente “salvavita”. Sono dispositivi elettromeccanici che servono a evitare eventuali folgorazioni causate da un contatto diretto o indiretto con parti interessate dalla dispersione di corrente.

Nei suddetti casi il salvavita entra in azione interrompendo il flusso di energia elettrica nel circuito dell’impianto. Difende anche dal rischio di incendio derivante da cortocircuiti causati da guasti della cosiddetta “messa a terra” oppure collegamenti sbagliati.

Quando si usano troppi elettrodomestici contemporaneamente, il salvavita “scatta”. Il motivo sta nel sovraccarico, quindi basta staccare almeno uno degli apparecchi e riattivare l’energia. Se il salvavita scatta ancora, bisogna chiamare un tecnico perché evidentemente la questione è più complessa. In foto il Salvavita Connesso di Bticino, che può essere controllato da remoto.

Quanto costa un impianto elettrico a norma

Il costo di un impianto elettrico a norma dipende dalla dimensione della casa, dal numero di punti luce e dalla qualità degli elementi scelti. Si eviti di cercare il risparmio a tutti i costi, in primis per una questione di sicurezza e praticità ma anche perché stiamo parlando di un vero e proprio investimento a lungo termine.

Per dare un’idea generale dei prezzi, facciamo presente che per un lavoro standard occorrono 50-60 euro a punto luce (in qualche caso si trovano anche punti luce a 25-30, ma accertatevi che si tratti davvero di una buona occasione). Facendo due calcoli, quindi, per un appartamento di medie dimensioni si devono mettere in conto almeno 3.000 ero.

Per fare un altro esempio, più preciso, per una casa di 75 mq con 50 punti luce si spendono 2.500-3.000 euro. Queste cifre, però, comprendono anche la manodopera e i materiali utilizzati.

Impianto elettrico e detrazioni fiscali

Chi decide di mettere a norma l’impianto elettrico della propria abitazione o sostituirlo completamente può usufruire di una detrazione Irpef pari al 50 per cento del costo sostenuto e divisa in dieci rate annuali di pari importo. Si ricordi, però, che è necessario presentare la certificazione dell’intervento.

L’agevolazione fiscale che consente di ammortizzare parzialmente i costi è, per l’esattezza, il Bonus ristrutturazioni. Il Governo l’ha confermato anche per il 2018, ma – escludendo novità e cambiamenti vari – per il 2019 la percentuale scenderà al 36 per cento e diminuirà il limite di spesa detraibile.

La comunicazione relativa alla spese sostenute per il rifacimento dell’impianto deve essere inviata all’Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile.

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